Goethe rispose: “mi piacciono gli arcobaleni” quando gli chiesero quale fosse il suo colore preferito e, come Libeskind, dell’architettura amo i colori e ritengo che quando li contiene tutti è “buona architettura”, al contrario quando i colori sbiadiscono sino a svanire in facili monocromismi è “cattiva architettura”. Architettura è vita, è storia, è passione… è la madre delle arti, pertanto non la si può rendere “sorda” attraverso monocromatiche interpretazioni.
Nel progettare l’ottica Zambrelli, la prima richiesta era che fosse un negozio fuori da soliti schemi compositivi che fanno tabula rasa del trascorso, ma che ne testimoniasse la storia con forte personalità.
Come in tutti i progetti realizzati in questi anni, la ricerca inizia analizzando il contesto in cui si inserisce, prendendo in considerazione tutte le sfumature, cioè andando oltre i quattro muri che conterranno l’opera per far si che non sia una semplice vetrina appartenente ad una qualsiasi realtà (come spesso accade nella modularità intesa come ripetizione di freddi stampi), ma un’architettura in stretta relazione con il sito, catturandone i pensieri, la storia, gli odori, gli sguardi. In questa “maniera” nasce il progetto, non attraverso copiature fotografiche (come spesso subiamo) ma, guardando, sentendo, annusando, toccando, attingendo nella memoria testimonianze che dialoghino con l’attualità delle “forme contemporanee”.
Non copiature sterili, ma citazioni che accrescono il linguaggio progettuale, macinando a fondo alla ricerca della “verità del progetto”, con l’intento di ottenere una realizzazione “su misura”, destinata a diventare elemento di distinzione e non “clone seriale”. Ogni progetto è una dichiarazione che vuole portare l’attenzione sulla qualità della vita che si ottiene necessariamente attraverso la ricerca di una nuova qualità dello spazio interpretato con rigore progettuale e realizzato con sapienza “ebanistica” utilizzando materiali naturali.
Progetto/design: Leonardo L. A. Bottarelli